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  • Immagine del redattore Arianna Cerbone

Moda e videogiochi, il gioco che veste bene

Realtà e finzione, pixel e tessuti, si incrociano in operazioni di marketing complesse e molto ben studiate.



Riuscite ad immaginare una settimana della moda con eventi e sfilate organizzate nei surreali e virtuali scenari di Fortnite, uno dei videogame online più famosi e diffusi al mondo? Una provocazione, certo, ma nemmeno così insensata. Durante il periodo di lockdown a causa dell’epidemia di Covid-19 c’è stato un evento che ha eluso il distanziamento sociale riunendo virtualmente 12 milioni di spettatori e che è destinato a diventare una chiave di volta nel mondo dell’intrattenimento.


Il rapper Trevis Scott, marito di Kylie Jenner, il 24 aprile si è esibito nelle sembianze di avatar gigante nel popolare videogioco online mandando in subbuglio i social oltre che gli utenti del videogame e moltiplicando nei giorni a seguire la sua audience grazie alle repliche del concerto (durato meno di dieci minuti) su Youtube e Twitch e spianando la strada a nuove forme di intrattenimento virtuale; esperienze di ascolto molto immersive, con una forte componente spettacolare.


Il videogioco divenuto ormai un fenomeno culturale di massa, è un medium unico: infatti, come suggerisce James Paul Gee, i videogiochi sono ben diversi dagli altri tipi di media (film, letteratura, teatro...), pur riprendendone i vari linguaggi. Essi hanno diverse caratteristiche che li rendono unici e operano in modo diverso dagli altri, ad esempio il linguaggio del gameplay è unico tra i media narrativi tradizionali e inoltre è stato autorevolmente affermato che è l’interattività ciò che ha distinto i videogiochi dalle altre forme d’intrattenimento mediale di massa. Proprio tale caratteristica permette al videogioco di esercitare un potenziale di immersività e attrazione che altri media non hanno.Infatti un gioco non racconta una storia ma sono i giocatori a “raccontarla” e a crearla attraverso le loro performance. Ad esempio in una canzone, un film, un libro o un episodio TV, il pubblico non può modificare l’esito di un episodio e quindi non può intervenire attivamente sull’opera artistica. È proprio il potenziale di immersività che questo medium ha che le aziende di moda cercano di sfruttare. Del resto, la moda e il lusso sono costantemente alla ricerca di contenuti esperienziali per ampliare la propria brand experience, brand recognition, brand equity e customer journey. In poche parole il mondo dei video games rappresenta l’interlocutore ideale per ridisegnare l’esperienza dei brand di moda e del lusso. Il mondo dei videogames, dal suo lato, ha interesse nell’entrare in contatto con il mondo della moda, nonostante la rilevanza economica ormai consolidata, poiché è sempre di più un bisogno emergente, un riposizionamento nell’immaginario collettivo che, erroneamente, vede moda e videogames agli antipodi e i videogiocatori percepiti come individui isolati, scarsamente permeabili alle suggestioni della moda e poco integrati nel tessuto sociale. Se per anni i videogiochi sono rimasti un prodotto per outsider, nell’ultimo decennio il mondo del fashion ha iniziato a interessarsi a queste realtà.



PIXEL ALLA MODA E GAMIFICATION


Se è vero che la moda ha sempre avuto come obiettivo principale quello di essere apprezzata, amata e, soprattutto, venduta e quindi deve raggiungere tutti, influenzare tutti, diventare popolare, essere — per l’appunto — pop, per raggiungere questo obiettivo non da poco, stilisti e designer hanno sempre cercato di rinnovare loro stessi, stagione dopo stagione, seguendo gli sviluppi tecnologici, le tendenze urbane ma soprattutto i grandi mutamenti nel costume e nella cultura mondiale. Un attento lavoro di continua trasgressione, commemorazione del passato e arricchimento che, più volte, ha portato a eleggere come fonte di ispirazione anche il mondo dei videogiochi. A influenzare i designer è l’enorme fascino di cui sono dotate le più grandi icone dei videogiochi, fascino legato alla riconoscibilità della loro immagine, della loro palette o per ciò che effettivamente rappresentano anche al di là del loro media di riferimento.


Quando si parla d’identificabilità, poche cose possono battere la semplicità delle grafiche dei primi videogiochi a 8bit e infatti, direttamente dalla casa di moda Millennials-friendly Gucci, arrivano due applicazioni che si rifanno agli anni ’70 e ’80. Ma questa volta non parliamo di abiti, bensì di videogiochi. Nasce così Gucci Arcade, una sezione dell’App della maison ispirata alle sale gioco anni Settanta e Ottanta, con un look decisamente vintage. O, per meglio dire, a 8 bit. Si chiamano Gucci Bee e Gucci Ace e accompagnano il giocatore alla scoperta della storia del brand. Ma Gucci è solo uno degli ultimi brand del lusso a rivolgersi per piacere sempre di più ai Millennials e a fare proprie strategie nuove come la gamification ovvero la pratica di adottare tecniche di game design in ambiti lontani dalle dinamiche del gioco.


Sì perché anche il colosso Luis Vuitton è sbarcato nel mondo dei videogames lanciando Endless Runner, un gioco ispirato alla collezione Autunno Inverno 2019 di Virgil Abloh, ma ha fatto anche di più poiché è stato uno dei primi a creare sinergie importanti tra questi due mondi realizzando le “skin”, ovvero l’aspetto e le caratteristiche di un personaggio di un videogame, e lo fa per League of Legends, il popolarissimo gioco che quest’anno ha compiuto i suoi primi dieci anni. Una sponsorizzazione a tutto tondo che si è declinata anche alla realizzazione del baule griffato Louis Vuitton che conteneva la Summoner's Cup da 32 chili consegnata ai vincitori del campionato mondiale e nella presentazione di una linea di capi interamente dedicata a League of Legends.




Gli utenti di Animal Crossing hanno presto iniziato a ricreare nel gioco gli abiti firmati che non possono comprare (o anche solo ammirare) nelle boutique. Tanto che Vestiaire Collective, il noto sito di second-hand di lusso, ha reso disponibili all’acquisto sulla sua piattaforma i capi di seconda mano ricreati nel gioco. Sono stati quindi gli stessi giocatori a manifestare il desiderio di vedere un'espressione delle maison di moda nel gioco. Un’opportunità colta al volo da Valentino che ha affidato a Kara Chung, creatrice dell’account Instagram @animalcrossingfashionarchive dedicato proprio agli abiti virtuali di marca, la creazione di 20 look digitali che replicano quelli delle collezioni SS20 e PreFall 20/21. I giocatori possono dunque vestire i propri avatar con le sgargianti camicie disegnate da Pierpaolo Piccioli in collaborazione con Roger Dean, indossare lunghi abiti da sera fluo servendosi di un guardaroba ufficialmente griffato Valentino.



OBIETTIVO I GIOVANI


L'obiettivo è cavalcare il fenomeno gaming stando però attenti a evitare il rischio di essere percepiti come degli “usurpatori” di un mondo che ha le sue regole e i suoi codici e cercare di coinvolgere i giocatori proponendosi come compagni di gioco. La chiave per le maison è avvicinare i loro clienti di domani parlando il loro linguaggio: è il brand del lusso che si trova a dover imparare i vocaboli più adatti per comunicare con quel target, entrando nel mondo che per quella fascia di popolazione rappresenta la realtà più rilevante ovvero quella digitale.Le aziende inoltre sanno bene che i giocatori sono giovani e non hanno un potere d'acquisto sufficiente per acquistare capi di lusso, ma possono investire sul futuro: queste collaborazioni sono da considerare un investimento a lungo termine. Un giorno quei ragazzi cresceranno e Louis Vuitton farà parte dei ricordi di tutti quei pomeriggi passati a giocare al loro gioco preferito. E saranno già fans.Poi le opportunità sono enormi: parliamo di un mercato valutato 152 miliardi di dollari – stando ad un'analisi della società specializzata Newzoo – e che, nel 2019, farà giocare almeno 2,4 miliardi di persone. Praticamente un terzo della popolazione mondiale giocherà una partita su console, pc, smartphone o tablet nel corso dell'anno: un target troppo grande e troppo importante per essere tralasciato.




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