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  • Immagine del redattore Annina Moffa

Altaroma Gennaio 2020. A.I. Herbarium

Aggiornamento: 23 ore fa

Un viaggio tra moda e natura alla scoperta delle piante officinali e dei suoi colori


Fonte d’ispirazione per l’allestimento del progetto creativo Artisanal Intelligence, a cura di Clara Tosi Pamphili e Alessio de’ Navasques, è l’erbario poetico di Emily Dickinson, redatto nel lontano 1845.

Valentina La Rocca, scenografa ufficiale, trasforma uno spazio dell'ex caserma Guido Reni, location per l'ultima edizione di AltaRoma2020, in un laboratorio e in una piccola serra con all'interno stampe, libri antichi e abiti sontuosi.

Silvia Venturini Fendi, presidente dell'evento, dichiara come l'evento ha avuto il compito di sensibilizzare i giovani alle tematiche ambientali, dimostrando come la natura possa essere essenziale in un processo creativo come quello della moda, definito spesso fugace e superficiale.


Lo scenario di Artisanal Intelligence

All'ingresso è possibile ammirare un abito, ripreso dalla collezione di autentici custodita dalla storica sartoria Farani, decorato con fiori rosei e tinto con le tonalità verdi delle erbe della maison Galitzine, su immagine di Dior.

Proseguendo, l'ambiente diventa etereo e intimo, colpendo tutti i sensi. Gli odori delle piante tintorie e di quelle curative si mischiano all’atmosfera cupa delle luci soffuse, incantate dai testi d’antan e dalle stampe botaniche.

E’ sotto il comun denominatore della natura che hanno preso vita le lezioni di Achille Bonito, curatore del giardino dei semplici del Museo Orto Botanico di Roma, e di Maddalena Marciano, esperta delle tecniche di tintura naturale per la moda e per il cinema.



Quali sono le piante tintorie più efficaci per le stoffe?


Un workshop interattivo caratterizzato da domande e risposte istantanee tra curiosi del settore e non, dove i due esperti hanno dato con gentilezza e maestria dimostrazione dei loro saperi, resi concreti attraverso esempi di colorazione e sfoggiando tessuti tinti naturalmente.

Un ricco elenco di piante adibite alla tintura è stato mostrato in loco. Presente la robbia domestica per tingere tessuti di arancione e rosso, l’allum cepa, definita cipolla o noce, per ottenere il giallo.

Protagonista indiscusso ed estrapolato dall’elenco è il blu guado, suggerito dagli esperti che vanta di una storia antichissima testimoniata in diversi territori come l’ India, Medio Oriente e Nord Africa, affermato anche in Europa solo nel tardo Medioevo.

Il blu guado definito “oro blu”, dovuto alla complessità del processo creativo, ha radici anche nella costruzione culturale. Nelle società europee mediterranee assume un forte ruolo simbolico.

Per i romani ebbe anche connotazioni negative, in quanto identificato come il colore dei Barbari, che avevano l’abitudine di colorarsi il corpo di blu per spaventare i nemici.

Oltre all’aspetto legato all’ecologia e all’arte della tintura dei tessuti in modo naturale, vi è il riciclo, appartenente alla R3 dell’economia circolare: riuso, riciclo, rigenero.

I presenti hanno potuto toccare con mano i tessuti vegani realizzati da Huang Shi Yi, studente dell’ABANA, dove la Marciano è docente. Nato dall’ibridazione tra tessuti di scarto ed elementi naturali ricavati da scarti di frutta e verdura (spinaci, cipolle, carote), sotto la supervisione attiva della docente Giulia Scalera, il tessuto rappresenta un’evoluzione ecologica del classico tweed.



Focus su Maddalena Marciano


Un curriculum ampio definisce la personalità di Maddalena Marciano.

Dopo aver conseguito la laurea specializzandosi all’Accademia di Belle Arti, si trasferisce a Roma dove vive per sei anni.

Lavora in un’importante sartoria e in numerose produzioni cinematografiche internazionali come costumista. Nel 2005 si stabilisce a Parigi, dove intraprende il suo percorso nell’ambito della moda e incontra il grande couturier francese Emanuel Ungaro, con il quale avvia una stretta collaborazione. Nel 2016 collabora con la Fondazione Pistoletto ed è mentore del progetto Fabbricarte, storie di tessuti tra arte e moda, per Unidee University of Ideas. Sempre a Napoli, accanto a una vivace attività di ricerca ed esposizioni, organizza seminari e workshop su tematiche inerenti alla moda ed è docente in ruolo di prima fascia di Fashion Design presso l’Accademia di Belle Arti di Napoli. Oggi vive tra Parigi, Torino e Napoli dove opera e studia, proseguendo nel suo percorso di artista dai volti diversi, che hanno per il momento trovato una realizzazione compiuta nell’ambito della moda e, in particolare, nel design di gioielli e di accessori.

Ha curato, inoltre, due edizioni di Unhabitus, progetto itinerante sull'eco-couture.

Intervista a Maddalena Marciano dopo il workshop tenuto ad Altaroma 2020

A.M. E’ stata impegnata in numerose collaborazioni cinematografiche internazionali, una delle più rinomate con il regista cinematografico statunitense Wes Anderson. Può dare dei dettagli al riguardo?


M.M. <<Lavoravo con Milena Canonero, che in quel momento era la costumista, una delle più famose presenti in Italia, premio Oscar.

Sono stata contattata da lei per occuparmi del laboratorio tessile del film per Wes.

Anderson è un regista attento ad ogni dettaglio: crea una cartella colori e di conseguenza tutto il film ruota attorno alla colorazione che lui ha immaginato in origine: proprio come si muove un brand in una collezione di moda. Lui agisce in questo modo.

In questa occasione sono stata responsabile della tintoria sul set del film.>>


A.M. A quali film si è interessata?


M.M. <<Ho collaborato in una serie di film (2015 A Napoli non piove mai con la regia di Sergio Assisi e nel 2011 Napoletans con la regia di Luigi Rossi).

Con Milena Canonero ho collaborato per tre film e ne ho fatti altri con la Comencini.

Poi altri due film firmati proprio come costumista che si pongono in cima ad una lunga lista.>>


A.M. A Parigi ha collaborato con Ungaro, può dare delle delucidazioni?


M.M. <<Ah sì, sono stata l’assistente di Emanuel Ungaro per dieci anni con lui ho lavorato sia nel settore moda che nel settore teatrale, quindi nell’opera lirica e nel balletto.

Abbiamo lavorato al teatro San Carlo di Napoli, al Teatro dell’opera di Roma, al teatro dell’opera di Bilbao e al maggio fiorentino di Firenze.>>


A.M. Che ruolo ha avuto nel 2006 con la fondazione Pistoletto?


M.M. <<Ho ottenuto un laboratorio in collaborazione con le aziende Biellesi, dove abbiamo trattato dei tessuti e dell’importanza degli stessi all’interno di un territorio.

C’è stata una grande trattativa con queste aziende del territorio, specializzate nella produzione di maglierie e lane.>>


A.M. Si sono tenute due edizioni di Unhabitus, un progetto sull’eco-couture. Può illustrarcelo?


M.M. <<Sì, quest’anno sarà presentato il terzo progetto.È un progetto che porto avanti da tre anni e abbiamo stabilito già la quarta edizione.

Unhabitus è basato sul rapporto con le aziende che ci donano gli scarti del tessile.

Come abbiamo detto ampiamente durante il workshop, le aziende di moda sono quelle che inquinano di più a livello mondiale e gli scarti tessili risultano un vero e proprio scoglio.

Il progetto in questione nasce proprio per riciclare gli scarti tessili.

Nella prima edizione, abbiamo addirittura riciclato delle intere collezioni di un’azienda che le compra in campionario e poi dopo non sa come disfarsene.

l'inutilizzo di tali collezioni è dovuto al fatto che le taglie sono troppo piccole,variando variano dalla 38 alla 40.

È difficile riciclarle, quindi nella prima edizione le abbiamo riutilizzate in collaborazione con la May Showroom che si occupa della vendita di brand soprattutto nord europei.

La seconda edizione, l’abbiamo fatta con la sartoria del teatro San Carlo.

Nello specifico anche la sartoria dei teatri, specie di quelli lirici, hanno un grandissimo problema, ovvero quello di smaltire i tessuti che poi sono utilizzati per fare i costumi.

Nello specifico ci hanno donato quegli scarti e i ragazzi hanno realizzato delle vere e proprie collezioni.

Questo anno, invece, la collaborazione è avvenuta con un’azienda di Mantova, che produce tessile per l’arredamento.

L’azienda, che si chiama Only Bonus, acquista tessuti prodotti con PET, ovvero gli scarti degli oceani.

In realtà avviene tra noi e l’azienda un doppio riciclo, poiché ci consegnano lo scarto dello scarto: l’azienda compra tessuti prodotti con gli scarti e di conseguenza gli scarti diventano l’essenza della collezione del progetto Unhabitus.>>


A.M. Grazie per la disponibilità.


M.M. <<Grazie a voi.>>



Annina Moffa, The Papercut

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